Pescatori – parte prima

Immagina di vivere nel triangolo padano formato dal Lambro, dall’Adda e dal Po. Una terra agricola nel bel mezzo della Pianura Padana, ma non sei un nobile possidente di terre, né un ricco commerciante e nemmeno uno di quei fortunati (si fa per dire) contadini chiamati obbligati che vivono nelle cascine. Per una serie di sfortunati eventi 

Pescatore nel fiume Po , 1935 - fotografo Ernesto Fazioli - da Lombardia Beni Culturali
Una scena di pesca nel fiume Po ripresa negli anni '30 del Novecento. La barca è attrezzata con una "balànsa" (la bilancia o bilancino) montata su un lungo bastone - credit: Ernesto Fazioli, da Lombardia Beni Culturali

non puoi fare solo il contadino, ma ti devi arrangiare con tanti lavoretti: magari oggi trovi un lavoro come bracciante a giornata, domani ti occupi dei bachi da seta e trovi una giornata di lavoro in filanda e dopodomani ti affidi alla pesca. Sì, il fiume offre sempre qualcosa per riempire i piatti della famiglia. Da generazioni rivolgersi al fiume paga sempre. Ha nutrito le popolazioni rivierasche da secoli e non tradisce quasi mai, solo quando viene la piena e il fiume fa le bizze si deve scappare.

Di certo non hai vita facile. Esci al tramonto e peschi di notte, illuminato da flebili luci. Oppure vai per fossi ad acchiappar le rane. I movimenti nella boscaglia ripariale sono rapidi e silenziosi. Meglio non incontrare mai le guardie, anche se le regole non sono così definite.

Si pescava al Lambro partendo dal quartiere della Costa di Sant’Angelo Lodigiano. Si pescava all’Adda a Lodi partendo dal Borgo o dalla Maddalena. E si pescava al Po nelle città e nei tanti paesi rivieraschi: si pescava a Cremona come ad Arena Po, ma sicuramente anche a Orio Litta, Senna, Somaglia, Chignolo Po. Al Po le cose si facevano in grande e documenti raccontano che addirittura vi era pesca di frodo, con le reti a strascico.

Gli storici ci spiegano che fino alla fine dell’800 ed almeno fino alla prima guerra mondiale, nel Lodigiano esistevano due tipi di pescatori. I pescatori professionali che svolgevano tutti i giorni la stessa attività e si spostavano anche in altri territori ed i pescatori occasionali, quelli di frodo. Quest’ultimo concetto era però molto sfumato, perché al di là di alcune zone definite come riserva di pesca del padrone o del nobile, il resto dell’attività non era sottoposta a regole severe o rigide e sarà così fino al fascismo, che introdusse la licenza di pesca.

Cristoforo Vecchietti

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