L’acqua al proprio mulino

Mulino Star Qua – Le ruote ancora funzionanti

“Noi vogliamo star qua”. In piedi davanti al generale Radetzky, a protezione della sua famiglia, dei suoi beni, del suo mulino, con l’orgoglio che un contadino qualsiasi, in affitto sulle terre di qualcun altro, non poteva avere. Eppure, lui, il mugnaio, quel coraggio l’ha trovato.

Non sappiamo come realmente la storia andò a finire ma la frase del mugnaio è entrata nella storia e ha dato il nome al bellissimo mulino di Nerviano, il Mulino Star Qua. Forse è proprio davanti a tanto coraggio che la teoria di case, capannoni, centri commerciali, strade, ponti, canali artificiali, ad un certo punto ha avuto rispetto di questo luogo e si è fermata ad una distanza di alcune centinaia di metri, risparmiando un angolo di campagna quasi intatto.

Il mulino Star Qua difende ancora il lento movimento di tre delle sue quattro ruote, asserragliato in un lembo di campagna che si incontra sulla sinistra della Strada Statale del Sempione, mezzo chilometro passato Nerviano.

Una distesa di ravizzone punteggiato di papaveri mi accoglie appena girata l’auto a sinistra. Il giallo e il rosso, il temuto generale austriaco con il suo esercito saccheggiatore e il mugnaio fermo in piedi davanti.

Supero il piccolo ponte sulla roggia Molinara, derivata dall’Olona molti secoli fa, che ancora oggi lambisce paziente le ruote di questo mulino. Finalmente mi godo un silenzio irreale.

Mi accoglie sorridente e sornione Giacomo, un volontario appassionato di storia e mulini che ha scritto alcuni libri su questo argomento. Un altro signore presente per la visita guidata mi dice “I volontari sono i migliori, sanno tutto e raccontano con passione”. “È vero. – gli rispondo – Però anche tra chi fa questo per lavoro ci sono persone appassionate e molto preparate”.

Varco la soglia del vecchio mulino e compio un salto di almeno cinquecento anni. La parte più antica dell’edificio ospita una imponente molazza, una macina da mulino verticale, ancora nella sua sede e completa di ogni accessorio, alta quanto una persona. “Ora non è collegata alle ruote, ma con questa si macinavano diversi tipi di cereali”.

Nella sala “più recente” del mulino si trovano quattro apparati molitori a palmenti, ancora in sede e magnificamente conservati. “Sono stati in attività fino agli anni 60”, ci spiega un altro Giacomo, figlio del proprietario attuale. E continua “questo mulino è riportato con la stessa forma di oggi sulle mappe del catasto teresiano, ma si hanno notizie della sua presenza già in atti del 1500”.

Ci spostiamo all’esterno, per osservare gli ingranaggi di questa magnifica macchina ad acqua: tre delle quattro ruote in fusione di ferro, sono ancora in sede e funzionanti. Hanno solo 134 anni e sostituirono quelle in legno nel 1885, in occasione degli ultimi lavori di restauro.

Giacomo aziona una delle chiuse ed ecco la corrispondente ruota in azione, lenta, costante, macina acqua con un rumore basso, sordo, ipnotico, mentre la guida parla, lo sguardo si perde tra lo scorrere dell’acqua della roggia Molinara, lungo il rettilineo imperfetto tra la vegetazione, fino in fondo, si mescola all’immenso stormo di rondini che volteggiano feroci sull’acqua, ora torbida di pioggia, togliendo di mezzo fastidiosi ma succulenti insetti.

Non voglio più muovermi da questo posto. Io voglio star qua. Come il mugnaio. Perché questo mulino è immerso in quella natura addomesticata che per secoli è stato l’unico paesaggio possibile, un mondo faticoso e forse non socialmente sostenibile, ma di un impatto estetico struggente.

La guida mi riporta alla realtà parlando di conigli selvatici, anatre selvatiche e martin pescatori che frequentano la roggia (tutto sommato sono sempre un’ambientalista e qui ci troviamo all’interno del Parco dei Mulini). “Di solito l’acqua è limpidissima” e verde di piante acquatiche, non come oggi che è piovuto.

Il mulino oggi è abitato dai proprietari che, consci del valore storico di questo bene, lo hanno registrato tra i mulini storici d’Italia e lo aprono periodicamente al pubblico e alle scolaresche. Negli edifici attigui è ospitato un ristorante e, soprattutto, un fornito e vario spaccio aziendale, dove è possibile acquistare prodotti agroalimentari e ottime varietà di riso che la famiglia Molaschi coltiva nella tenuta del Castello di Gattinara, nel Vercellese.

Me ne vado davvero a malincuore da questo posto, da questo salto nel tempo, da questa immersione in un paesaggio che si difende in modo egregio dalla civiltà, meravigliosamente asserragliato attorno al proprio mulino.

Anna Maria Rizzi 

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