Una discarica tra la birreria e la lanca

Vista della discarica di Soltarico, risalente all’agosto 2011 (da Google Street View)

Ricordo, quando ero più giovane, di aver passato qualche serata in una birreria di Soltarico, vicino a Cavenago d’Adda. Ogni volta non potevo fare a meno di pensare alla discarica che mi pareva incombere dietro le spalle.

Forse per curiosità, forse per spirito giornalistico, visto che se ne è parlato di nuovo, decido di andarla a vedere di persona. Il primo incontro con la montagna di rifiuti si ha venendo da Lodi verso Castiglione d’Adda. Alla sinistra si individua il fronte che, anche se coperto da folta vegetazione, si può verificare in tutta la sua estensione. Sembra quasi che la discarica voglia incastonarsi tra perle della natura visto che da un lato troviamo una struttura turistica e dall’altro una stradina che porta ad una delle bellezze lodigiane, la Lanca di Soltarico sull’Adda.

È proprio seguendo le indicazioni “lanca” che prima mi trovo davanti ai cancelli dell’impianto. “Impianto per smaltimento finale rifiuti speciali non pericolosi e recupero biogas” dove naturalmente non posso accedere. Dopo un rapido sguardo, non si vede granché da quella posizione, solo la casetta-uffici, da cui immediatamente esce un custode ed uno scorcio piccolissimo di discarica, ritorno sui miei passi e riprendo la strada della lanca. Il progetto iniziale era di percorrere la discarica per tutta la sua circonferenza, una circumnavigazione del rifiuto, ma ben presto mi rendo conto che il progetto è irrealizzabile. Mi accontento di qualche sguardo.

Proprio mentre proseguo il percorso alla ricerca del varco che consenta la realizzazione del mio progetto, subito dopo la prima curva, mi trovo davanti la discarica in tutta la sua larghezza ed imponenza. Una muraglia cinese del rifiuto, una montagna compatta brulla e grigiastra al cui interno immagino abiti, biciclette, vasellame, catini, sedie, mobili, letti, piatti, tavoli, scrivanie, quadri con le loro cornici, attrezzi da giardino, nanetti in gesso e cerbiatti in pietra dimenticati, e chissà quanto altro. Sulla cima si intravvede una ruspa gialla mentre da un lato si vedono due serbatoi blu che, penso, possano servire per il recupero del biogas. Niente a che vedere con la visione attuale della discarica di Vizzolo Predabissi, che si presenta oggi come una specie di parco verde dalle collinette irregolari con tanto di sentieri e cestini portarifiuti, chiusa però tra la nuova tangenziale e il Lambro.

Qui l’immagine è pesante, compatta, imponente, un elemento estraneo al territorio, come una montagna desertica nel mezzo del verde della campagna lodigiana.

Considerato che non posso aggirare la discarica da nessun lato decido di andare a vedere il paese, Cavenago d’Adda per capire come si vive con la discarica. Essa, periodicamente torna al centro della cronaca sia per le proteste dei comitati ambientali che per qualche problema di gestione.  Il paese è collocato due chilometri e mezzo più in là e né dalla periferia, né dal centro riesco a vedere la montagna grigia. Il paese vive la sua tranquillità lodigiana e, in una mattina di un giorno feriale si capisce che è abitato, per le poche donne ai balconi che stendono i panni e qualche avventore al bar della piazza, ma quasi deserto. Paese ordinato arricchito da una viabilità moderna con piste ciclabili. Chissà se dal campanile del XII secolo la discarica si vede oppure se al Santuario della Madonna della Costa qualcuno si è lamentato per la puzza di immondizia, che per altro oggi non si sente per nulla.

Proseguendo nella passeggiata si arriva alle morte dell’Adda con le calte in fiore e le nitticore che vi si posano sopra. Paesaggi da pittori impressionisti. Il pensiero torna ancora una volta al contrasto tra discarica e bellezze naturali poste le une a pochi chilometri dall’altra.

Cristoforo Vecchietti, giugno 2017

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