Siamo quasi in dirittura d’arrivo. Sta proprio per finire. Ormai la speranza di riuscire ad entrare anche solo in uno dei padiglioni proibiti va sfumando definitivamente e siamo ormai tutti consapevoli che non vedremo mai le strabilianti innovazioni in essi contenute.
Se siete capitati in Expo e non vi affascina l’idea di spendere prezioso tempo in coda per vedere il padiglione “da vedere”, potete recavi nelle retrovie, dove si possono scovare piccoli gioielli misconosciuti.
Uno di questi è stata battezzata “la passeggiata dell’agrobiodiversità”, ospitata all’interno dell’area Biodiversity Park e, da appassionati di piante, non potevamo che finire proprio lì. Si tratta di un’installazione resa possibile dalla partnership con Bologna fiere, composta da cinque grandi aiuole verdi, a est dell’Albero della Vita. Ciascuna aiuola riproduce uno degli ambienti naturali italiani dalle Alpi alle isole, fornendo un esempio eclatante della biodiversità di ciascuno degli ecosistemi. Le aiuole dovevano essere in realtà più estese, ma le esigenze edificatorie ad uso sponsor ne hanno eroso lo spazio.
Nonostante questo, vale la pena di farci un salto per smaltire lo stress da coda: le aiuole sono “camminabili” lungo l’apposito percorso segnalato, e una volta entrati si possono fare delle belle scoperte. La prima è che gli ambienti sono così ben riprodotti che in alcuni tratti ci si può dimenticare di essere in uno dei posti più artificiali (in tutti i sensi) della Lombardia. La seconda è la constatazione di quanto bendiddio siamo stati omaggiati gratuitamente sulla faccia di questo pianeta. Lo sappiamo già, in genere, ma questo piccolo capolavoro di architettura paesaggistica in mezzo ai capannoni è lì a ricordarcelo. La terza è che, come accade di solito, il potere della vegetazione prende il sopravvento sull’animo umano e dopo i primi passi, non si vorrebbe più uscire da lì.
Se non fosse stato per la gentile signorina che ci è venuta incontro nel giardino, novella Eva in jeans e maglietta loggata, non ci saremmo mossi più da lì, rapiti dalla scoperta di piante a volte sconosciute dei vari ambienti della penisola.
La signorina, volto acqua e sapone, sguardo intelligente, loquela accattivante, ci ha letteralmente catturati, nel senso venatorio del termine, e invitati ad entrare nel padiglione dei Ministeri dell’Ambiente e delle Politiche Agricole e Forestali. “Prego, accomodatevi, posso mostrarvi un filmato su parchi e biodiversità in Italia, dura pochi minuti” implora un’altra signorina acqua e sapone, sguardo intelligente e loquela accattivante. Vediamo il video, scopriamo che il padiglione è spesso deserto, e che in quello a fianco si vendono i prodotti biologici delle aziende agricole che lavorano nei parchi. Passiamo quindi alla mostra “Storie di Biodiversità”, realizzata dal Comitato scientifico di Expo e Università degli Studi di Milano: consiste in una serie di otto grandi pannelli, dove scorre la storia della biodiversità ambientale e agricola, e in una serie di totem a vetri contenti una suggestiva collezione storica di semi, proveniente dall’Orto botanico di Padova, il più antico d’Italia. E’ allora che facciamo la scoperta del secolo: il vero cuore di Expo 2015, a nostro avviso si trova qui. Questa mostra doveva essere il biglietto da visita di una esposizione mondiale il cui motto è “nutrire il pianeta”. Come spesso accade, la potenza della metafora prevale nella mente umana, e l’Italia ha deciso di presentarsi come un vivaio non di piante ma del “saper fare”.
Già, perché le piante, diciamocelo, a che servono in un mondo che va nutrito di cibo e di aria?
Devono essersi persi nello stesso dilemma anche gli ideatori di questo evento internazionale perché da un convegno sul paesaggio frequentato qualche mese fa a Lodi, abbiamo saputo che le piante presenti in Expo, quelle piante davvero grandi per essere piantate dal nulla in mezzo al cemento, e che dovevano “fare paesaggio”, quelle piante che volarono letteralmente prima in Piazza Castello a Milano “per lanciare Expo” e poi sul sito di Rho fiera (le più alte trasportate con delle gru), alla fine dell’esposizione verranno riportate nei vivai, in attesa di prossimi più sensibili acquirenti.
Storie da terzo millennio: in ricordo di Expo 2015 sul luogo rimarrà il bellissimo e finto Albero della Vita, e si rinuncerà agli alberi veri che, mettendo radici sul sito, avrebbero davvero potuto “fare paesaggio”.
La passeggiata dell’agrobiodiversità – Biodiversity Park, padiglione n. 109. L’ingresso più vicino è quello di Roserio (est), ma il percorso della passeggiata, all’aperto, ha inizio sul lato est del Lake Arena, l’area che ospita dell’Albero della Vita e si snoda in linea retta fino al padiglione del Mipaaf e dei parchi.
Anna Maria Rizzi